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La fine del lockdown

Savona, è agitata la prima movida in Darsena. Troppi ragazzi non rispettano le norme

Arroganti e trasgressivi soprattutto gli under 18. Peroni, titolare del Birrò: «Li richiamo, ma quando esco mi mandano al diavolo»

Silvia Campese
2 minuti di lettura


Savona – «Non costringeteci a richiudere». Mentre shackera un cocktail da una parte e spina una birra dall'altra, un barista della Darsena richiama un gruppetto di ragazzi, poco più in là del suo ingresso.L'appello accorato, questa volta, arriva direttamente dai gestori dei locali, che temono di essere costretti ad abbassare, ancora una volta, le saracinesche se le regole non verranno messe in pratica da tutti: mascherine, ma soprattutto distanziamento sociale. Ma la movida post quarantena è difficile da controllare in Darsena, a Savona. Anche se i numeri sono nettamente ridotti rispetto a un venerdì sera normale, prima dello "tsunami coronavirus", la situazione è comunque complicata. Soprattutto è difficile far rispettare le distanze.

I ragazzi, soprattutto i più giovani, arrivano verso le dieci di sera. Jeans, bottiglia in mano, sigaretta, mascherina appesa al collo, non sul volto. Si incontrano con altri gruppetti: abbracci, spinte, baci. Molti dei gestori di locali si sono arrangiati da soli ricorrendo a una sorta di vigilanza privata: stewart, che hanno il compito di girare tra i ragazzi e invitarli a distanziarsi e rispettare le regole. Ma loro, i giovani tra i 15 e 18 anni, dopo due mesi a casa, di regole non ne vogliono più sentire. E capita che il richiamo scateni qualche insulto più che essere accolto e messo in pratica.Più ligi dai 22, i 23 anni in su: a gruppi, sono tutti con la mascherina e prestano attenzione ai cartelli, appesi ovunque agli ingressi dei locali, per inviare a igienizzarsi con l'apposito gel le mani.«Che me ne frega? Non faccio del male a nessuno, mi godo la mia serata. Se non ti sta bene, me ne vado da un'altra parte», dice un ragazzo, infastidito dal richiamo di un cameriere che lo invita a tirare su la mascherina per entrare all'interno del bar. Una situazione ricorrente.

«Cosa ci posso fare? Li richiamo, esco dal locale e li invito a distanziarsi, ma qualcuno mi manda al diavolo - dice Erminio Peroni, titolare del Birrò, uno dei locali più gettonati per i ragazzi- E comunque, ogni mio appello è una goccia nel mare: la maggioranza non ne vuole sapere di distanziamento. Per questo, con altri tre colleghi, abbiamo pensato di assumere, a spese nostre, quattro steward che girino nelle serate e spieghino ai ragazzi come comportarsi, magari distribuendo le mascherine. Certo, per noi è un costo in più, ma è l'unico modo per non rischiare di subire una nuova chiusura. Nel locale, all'interno, non faccio entrare nessuno, distribuisco da bere da dietro al plexiglass. Ma come faccio a impedire che, al di fuori, rinunciano a raggrupparsi, abbracciarsi e stare vicini?».Stessa cosa dall'altra parte del ponte, al Fronte del Porto.

«La situazione è già difficilissima dal punto di vista economico - spiega il titolare, Mattia Guerrino- Siamo stati chiusi, non abbiamo ricevuto ancora il sostegno dal Governo, siamo pieni di spese, con i tavoli ridotti. In questo contesto, non vorremmo chiudere per colpa delle regole non rispettate dai clienti. Abbiamo un collaboratore, che sta qui davanti e che controlla i giovani, li richiama e li invita alle regole. Ma non è facile». All'ora dell'aperitivo sono passati i vigili che, in città e sulla passeggiata, già nel pomeriggio di ieri, hanno staccato una decina di multe per mancato rispetto delle norme anti contagio. «I vigili sono passati oggi, hanno verificato che le misure dei tavoli andassero bene. Tutto a posto. Noi ce la mettiamo tutta, il resto sta ai clienti», dicono Paola Mabelli e Nicoletta Nagy, bar Santa Lucia. Un gruppo di quattro ragazze, trai 24 e i 26 anni, abbassa la mascherina per sorseggiare una birra e fumare una sigaretta. Poi la tira su.

«È il primo venerdì in giro dopo tre mesi di reclusione - dicono due di loro, Giorgia Chirico e Lucia Miano- Siamo infermiere. Quello che abbiamo visto in ospedale non ce lo dimenticheremo. Avevamo tanta voglia di vedere un po' di vita che riprende, qui in porto, i giovani che sorridono, i savonesi nei ristoranti».Un attimo di silenzio e poi dicono: «Nessuno era preparato, è stata veramente dura in ospedale. Per questo, se ora vediamo qualche ragazzo, qui in Darsena, che non rispetta le regole o fa lo sbruffone, ci mettiamo un attimo a metterlo a posto e a richiamarlo. Anche noi siamo felici di essere qui a bere una birra e sorridere. Ma quello che abbiamo visto in corsia non lo dimentichiamo». 

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