MARIO BOVENZI
Emilia Romagna

Ecco la Milva segreta: "Io e mia madre, è stata l’ultima diva"

La figlia Martina Corgnati ha scritto un libro: si racconta la storia di famiglia. Per lei un museo a Goro. "Aveva un carattere forte, nel Dna di queste terre. Una leader naturale"

Martina Corgnati con la madre Maria Ilva Biolcati, in arte Milva

Martina Corgnati con la madre Maria Ilva Biolcati, in arte Milva

Goro (Ferrara), 27 aprile 2023 – La nebbia che d’inverno entra implacabile nelle ossa; d’estate un’afa che mozza il respiro e che sembra cuocere il cervello e l’anima. Una terra dai forti contrasti, che forgia i destini, Goro. Dove più dura è la vita, più forti i caratteri quasi scolpiti negli anni che passano come cerchi in un tronco d’albero. Qui è nata Milva, all’anagrafe Maria Ilva Biolcati (scomparsa il 23 aprile 2021) perché il parroco di Goro non volle acconsentire a quel nome senza santa protettrice. "Mia madre era una donna straordinaria. Come cantante, come donna ha attraversato la storia d’Italia. Un’interprete unica, troppo bella per non raccontarla". Così Martina Corgnati, la figlia – scrittrice, insegnante, storica dell’arte –, racconta la genesi di un libro, un’idea a lungo cullata, cristallizzata in un titolo ‘Milva. L’Ultima Diva’, in quella foto che sembra voler uscire dalla cornice troppo stretta di una copertina, a testimonianza di una storia che è stata più di una vita da Goro, sul Delta, fino a Parigi, alla Germania, al Giappone. Casa editrice La nave di Teseo, 288 pagine, lo sguardo che sembra perdersi nell’orizzonte e quella mano alzata nello scatto del fotografo Marco Caselli Nirmal.

Un libro su una madre. Perché?

"Soltanto io potevo farlo. Ci sono state altre persone a lei vicine, ma non avevano in mente tutto, tutto quello che Milva è stata. Questo è un libro che ha un’ambizione, l’ambizione della parola scritta, che resta, che lascia un segno su una pagina bianca. Mia madre ha fatto 173 incisioni, il libro poteva essere un elenco della spesa. Sono andata oltre per raccontare un’interprete unica, una donna vera. Dalle pagine emerge quello che era, uno straordinario personaggio. Lontano da quella che è la ricerca morbosa di aneddoti vecchi e sepolti"

Goro, il Delta, le radici

"Mia madre è nata qui, una storia che ho appreso soprattutto da mia nonna Noemi Farinelli. La sua cultura, la sua forza, anche la bella voce che mia nonna aveva. Che ha trasmesso a mia madre. Un paese così particolare, dove già nel 1924 c’era un’orchestra. La pesca, le anguille, il mare. Un luogo un po’ metafisico, mia madre viene da qui"

La consacrazione del mondo

"Nel 1967 la Pantera di Goro è una star internazionale, nota in Europa ma anche popolarissima in Giappone e Corea, versatile nel repertorio, moderna e coraggiosa nell’immagine, terrorizzata un minuto prima di salire in scena ma sicurissima di se stessa un istante dopo e capace di muoversi come se in teatro ci fosse nata. È molto bella: adesso ha capelli rossi lunghi e lisci, divisi in mezzo alla fronte da una scriminatura centrale. È cantante, attrice, interprete, ‘animale da palcoscenico’"

Lontano dai riflettori, due vite

"Ricordo con tenerezza un viaggio del 1986 in Giappone, dopo i concerti che lì venivano fatti la mattina andavamo insieme al ristorante. Una grande complicità, un momento solo per noi. Che tra l’altro abbiamo sempre amato la cucina"

Il rapporto con sua madre

"Aveva un carattere fortissimo, era un leader naturale. E anche io non scherzo, sono determinata, capace di andare fino in fondo. Questo ci ha unito, un’assonanza di caratteri. In virtù delle differenze è nata una complicità profonda, una solidarietà che è proseguita per tutta la vita fino agli ultimi anni di mia madre"

Il museo di Goro, un tributo

"Non lo definirei museo. Il museo viene inaugurato ma se non si coltiva diventa un contenitore senz’anima. Sarà un centro culturale, una struttura viva dove fare memoria, tramandarla, dare forza ad un messaggio. L’idea è partita da me e dal sindaco, ho fatto alcune donazioni a Goro, oggetti più personali. Come i ritratti di mia madre, che sono stati donati da alcune mie amiche e da artisti e fotografi, come Maria Mulas, Giampaolo Barbieri, Paola Mattioli, Agnese Purgatorio. Ancora, libri di narrativa che aveva mia madre. Nelle pagine, in una piega, nei tratti un po’ velati dal tempo, si avvertono ancora le dita di mia madre, la sua presenza. Qui i giovani, il nostro futuro, potranno venire, i giovani di Goro che vanno a vongole e che potranno crescere all’ombra della musica, della lettura, della forza della parola scritta. Potranno così andare oltre sé stessi, magari laurearsi. Il centro culturale, che ha ottenuto i fondi del Pnrr, dovrebbe essere inaugurato nel 2024"

Lei insegna, parla di giovani, del loro futuro. Crede che questo libro verrà letto da loro

"Non lo so, so che ce l’ho messa tutta, ho cercato di scrivere un bel libro. Ci sono passaggi dolorosi, ma anche pagine liete, passaggi che fanno ridere. Come la storia del leone che mi hanno regalato da bambina. Scrivere è l’unica cosa che io so fare, sarebbe per me bellissimo coinvolgere i giovani. Del resto, è un passaggio dell’Odissea, all’ospite puoi dare solo quello che hai. Questo ho cercato di fare, con sincerità, con tutta me stessa. Dare quello che ho, raccontare quello che era mia madre".