“Ho sempre scritto solo di me stessa” racconta Ella Gwendolen Rees Williams, insignita in vecchiaia dell’onorificenza dell’Eccellentissimo Ordine dell'Impero Britannico. E in fondo, di che altro si potrebbe scrivere? Sotto lo pseudonimo di Jean Rhys, Ella Gwendolen scrisse romanzi e raccolte di racconti, ebbe una vita amorosa travagliata e ci ha raccontato l’impervia vita delle donne come nessun’ altra.

Nata nei Caraibi, padre irlandese e madre creola, cresce in una grande proprietà. Figlia di un medico, immersa in una società di bianchi ricchi che rimpiangono i bei tempi della schiavitù, tra grandi balli lussuosi e caldo afoso, vegetazione rigogliosa e incombente, mai abbastanza ombra in cui nascondersi. Vive immersa in un mondo di pura bellezza, ma ha molti sogni, troppi. Ha anche un cattivo rapporto con la madre, quindi viene mandata presso una zia, a frequentare una scuola per signorine a Cambridge. La sua origine creola e il suo accento fanno ridere le compagne. Vuole calcare le scene e frequenta per un periodo la Royal Academy di Londra, ma le dicono che il suo inglese non è abbastanza buono, la cacciano.

instagramView full post on Instagram

Ella non vuole tornare nei Caraibi e scappa. Diventa una ballerina di fila e comincia una esistenza di alberghetti, ingaggi risicati, povertà. Londra è dura e spesso si ritrova senza casa, senza soldi, con un amante come solo rifugio. Sono le stanze spoglie a spingerla a comprare il primo quaderno e la prima penna. Con quegli oggetti la scrivania sembra più bella, meno squallida, quasi casa. Comincia a scrivere, riempie diversi quaderni con i suoi ricordi. Lo scricchiolio del pennino sulla pagina la conforta, la fa sentire meno sola. Ma sono gli anni Venti ed Ella scappa a Parigi, già dimentica di ciò che ha scritto. Ha sposato Willem Lenglet, giornalista e, incidentalmente, spia. E lì iniziano i guai. Viaggiano per il mondo: Vienna, il Belgio, Budapest, ma Ella perde un bambino e Jean finisce in carcere per truffa.

Ella rimane sola e diventa l’amante di Ford Madox Ford, che le pubblica il primo racconto nella sua rivista, The Transatlantic Review, dove scriveva gente del calibro di Joyce, Hemingway, Gertrude Stein. Ford ha l’idea di adottare lo pseudonimo di Jean Rhyse. Nel 1927 le pubblica il suo primo libro, The Left Bank and other stories, una raccolta di racconti per la quale lei attinge dalla sua esperienza: gli anni parigini dominati dalla fame e dalla precarietà; non stupiscono quindi titoli come “Discorso di una signora che offre la cena a un’amica spiantata” o “Fame”.

Ford è signore e padrone, lei ne dipende talmente tanto da venir trascinata in una relazione anche con la moglie. Scriverà della moglie di Ford, le farà dire, nascosta in un personaggio di finzione, in un impeto capolavoro di ferocia e autoconsapevolezza: “Le donne non devono dare fastidio. Io non do fastidio; sorrido e sopporto e penso che anche le altre dovrebbero sorridere e sopportare”. Ella, ora Jean, scrive Quartetto, protagonista una donna alla mercè della gentilezza degli estranei, mentre suo marito è a Parigi in prigione. Oh Jean, quanto avresti amato Blanche Dubois e il suo confidare nella gentilezza degli sconosciuti…

Jean, un tempo Ella, scrive di una ballerina di fila che viene delle Indie Occidentali, solitaria e piegata da una Londra ostile: il libro si intitolerà Voyage in the Dark: sono quei quaderni, quelli scritti nei suoi primi anni londinesi. Infine, sposa un inglese e torna nel Devon. Ha scritto molto, non ha avuto il successo meritato, si ritira dalla vita pubblica. Muore il secondo marito, due anni dopo ne sposa un terzo, l’avvocato Max, peraltro parente del secondo consorte. Jean vivrà fino alla morte in Cornovaglia, un posto che definisce “talmente noioso che neanche bere moltissimo lo ravviva”.

Sul giornale appare un annuncio: la BBC vuole il permesso di fare un adattamento radiofonico del suo libro Buongiorno, mezzanotte. Nessuno sa se la scrittrice sia ancora viva, provano a rintracciarla in questo modo.

Jean viene ritrovata, incoraggiata da quel lampo di fama, ricomincia a scrivere ed ecco il suo capolavoro: Il grande mare dei sargassi. Esce nel ‘66, prequel in salsa femminista di Jane Eyre. Il racconto della prima sposa dell’eroe senza paura e qualche macchia di Charlotte Bronte e del suo infausto destino. Forzata a un matrimonio di convenienza con Mr. Rochester, inglese sopraffatto dalla vitalità della moglie e da un mondo che non comprende, rimasto preda del terrore per le leggende soprannaturali dell’isola e intimorito dall’obeah, emanazione del vudu che lì viene praticato. Epitome del colonialista conquistatore, incapace di comprenderla, Rochester porta via la ragazza dalla sua terra, in un Inghilterra fredda e spoglia in cui l’attende la ben nota soffitta. Romanzo seminale, vale alla Rhys premi e fama. Un successo, lei dirà, che “è giunto troppo tardi”.

PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI Il grande mare dei sargassi

Il grande mare dei sargassi

PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI Il grande mare dei sargassi

Compra su Amazon

Afferma: "Avevo in programma di morire a trent’anni, e poi andavo avanti altri dieci anni, fino ai quaranta, e poi ai cinquanta. Si va sempre avanti", e invece muore, dopo aver dato voce ad Antoinette Mason, moglie pazza, donna non controllabile, l’incubo perfetto di ogni patriarcato. Muore a maggio, e come canta De Andrè, per morire a maggio, Gwendoline, ci vuole tanto, troppo coraggio.