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in «Arte Medievale», ser. IV, IV (2014), pp. 253-266
Giovanni Gasbarri - Falsi d'arte 'postclassica' nella Roma di fine Ottocento: lo strano caso del Sacro Tesoro Rossi ['Postclassical' Forgeries in Rome in the Late 19th Century: the Strange Case of Sacro Tesoro Rossi]In the wake of the commercial success of early Christian and Byzantine works of art, in the late nineteenth century the circulation of copies and forgeries had a very significant increase and several brand new pieces reached the art market. Archaeologists and art historians were thus required to develop new skills for detecting fakes, in order to ensure accuracy in academic scholarship, as well as to protect collectors from any risk of fraud. Among the most outstanding examples of ‘postclassical’ forgeries, the so-called Sacro Tesoro Rossi – or Rossi Treasury – is particularly worthy of note. This bizarre group of golden and silver pieces – bought in Rome between 1882 and 1884 by the Italian amateur collector Giancarlo Rossi – is usually neglected in the secondary literature. However, in the last decade of the nineteenth century, the questions concerning its authenticity generated a heated debate among both scholars and collectors. With the support of previously unpublished or little-known documentation, this contribution aims to provide a new critical reconstruction of the story of the Rossi Treasury, particularly focusing on its impact on the research between the nineteenth and the twentieth century.
Through the review of the unpublished correspondence with Adolfo Venturi and the discovery of a series of contemporary photographs, this essay sheds light on the strategies and cautious literary man oeuvres that aimed to consolidate Michele lazzaroni's status on the global art market. By disseminating works of art presented as authentic, whether presumed so or counterfeit, the Baron managed to position them on the market by endowing them with the aura of potential Renaissance masterpieces. Whit this mind, it is interesting to examine Lazzaroni's keen interest in sculpture and reconstruct the history of a few examples that once formed part of his collection, such as the Bust of Emperor Palaeologus attributed to Filarete.
Ampie zone del medioevo, in particolare nella scultura e nell'architettura italiana del Xii e Xiii secolo, presentano una cospicua documentazione di elogi e autoelogi epigrafici di artisti, che con-traddicono clamorosamente l'idea diffusa della negazione medievale dell'io (rivisitata da Jan Bialo-stocki) 1 : sum pelegrinus ego qui talia sic bene sculpo… è firmato, per esempio, un frammento di ciborio del 1187 del museo castelvecchio di Verona 2. ricerche più recenti sulle possibilità degli artisti medievali di autorappresentarsi hanno raccolto, specialmente per l'italia, un ricco materiale, sopratutto epigrafico 3. già adesso risulta che la prassi epigrafica degli artisti conosce differenze regio-nali. se a Pisa, modena e roma le iscrizioni di artisti sono la regola durante il medioevo centrale, a Firenze, genova e Venezia sono piuttosto rare. in generale, si può dire che per l'italia non il nome dell'artista, bensì il suo anonimato sembra, sempre più, rappresentare l'eccezione. così, il tema dell'autorappresentazione dell'artista medievale viene messo in discussione anche nel suo contrario, l'anonimato 4. L'anonimato dell'artista medievale non è soltanto un'idea moderna o un problema legato agli ac-cidenti della tradizione; è una realtà, attestata dai contemporanei. Per esempio, contrariamente alla prassi della firma, ampiamente diffusa nella produzione libraria, alcuni colofoni di scribi presentano la formula «meum nomen non pono, quia me laudare nolo» 5. nel medioevo, come in tutte le epoche, bisogna fare i conti da una parte con il desiderio di do-cumentare ai posteri (ed anche all'Aldilà) la propria prestazione, dall'altra con i limiti normativi e i tabù che si oppongono all'espressione di questa aspirazione alla fama. Questi ultimi possono fare appello alla Bibbia e ai Padri della chiesa: soprattutto alle parole di san Paolo: «mihi absit gloriari nisi in cruce domini nostri Jesu christi» e di sant'Agostino: «nolle in se laudari» 6. Alcune firme medievali tentano una sorta di bilanciamento, cercando di compensare il pericolo della superbia e del desiderio di gloria con un gesto d'umiltà. La firma di rainaldo sulla facciata del duomo di Pisa ne è un esempio 7 ; vi troviamo l'elogio dell'artista: hoc opus eximium tam mirum tam pretiosum/ rainaldus prudens operator et ipse magister/ constituit mire sollerter et ingeniose e, al di sotto di quest'iscrizione, un versetto del salmo 21: de ore leonis libera me domine et a cornibus unicornium humilitatem meam, come gesto d'umiltà e di compensazione dell'orgoglio. il concetto di 'individualità' e il concetto di 'anonimato' sono parimenti costruzioni a posteriori, e non si escludono a vicenda: infatti, sono entrambi documentabili attingendo al patrimonio dei monumenti e delle fonti. un po' di statistica: firme e notizie di artisti di età romanica si incontrano in spagna e in Francia, anche se non così spesso come in italia, molto più numerose di quanto si presuma comunemente. Finora mi sono note, nel Xii e Xiii secolo, circa cento firme in Francia e una cinquantina in spa-gna 8. La maggior parte è di scalpellini, scultori e architetti. in inghilterra sono tramandate poche firme, ma le fonti documentarie abbondano di notizie sugli artisti 9. Per niente inusuali, anche se non proprio frequenti, sono le firme in germania: mi sono imbattuto fino all'anno 1300 in circa quaranta firme su edifici sacri. L'arte libraria offre centinaia di firme di miniatori e migliaia di controllare citazione-vedi nota 6
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