James Ensor e l’eredità inglese del paesaggio

ENSOR_-_Le_Domaine_d'Arnheim

Le domaine d’Arnheim (1890, fig. 66) è sicuramente il capolavoro paesaggistico di Ensor. Meno noto degli omologhi magrittiani, anch’esso ispirato al racconto di Edgar Allan Poe (1809-1849), pubblicato la prima volta nel 1847. Secondo parte della critica Poe sarebbe solo un pretesto, dovuto alle origini anglosassoni del pittore, ma vediamo se è davvero così. Il racconto di Poe è un’indagine sul concetto di progetto applicato all’architettura del paesaggio, l’attività perfetta per eccellenza, trascurata dall’uomo e che può condurre, secondo il protagonista Ellison, alla piena felicità. Poe scrive «La bellezza originaria non è mai così grande come quella che può essere creata dall’uomo» affidando al singolo la possibilità di crearsi la propria felicità, sposando ingegno con la bellezza della natura. Come il racconto, che è a suo modo un trattato di estetica, può aver interessato Ensor, il quale, nonostante fosse prolifico scrittore, non amava particolarmente la letteratura? Ensor, abbiamo visto, era un uomo con un’alta autostima, e tra le ipotesi che formulo, l’una che contempla un’adesione all’estetica di Poe e l’altra, nella quale risiede l’abile desiderio di mostrare la superiorità del pittore sul landscape architect, la seconda ha il sopravvento.

(Estratto del saggio pubblicato in “Amusante et poétique”, Studi di Storia dell’arte per Enzo Bilardello, a cura di L. Fanti, R. Perna, C. Zambianchi, Campisano, Roma 2015)

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