Da Roma ad Auschwitz. Un archeologo nella Shoah : Ludwig Pollak

Da Roma ad Auschwitz. Un archeologo nella Shoah : Ludwig Pollak

Nato nel 1868 a Praga, compì a Vienna i suoi studi e la sua iniziazione all’archeologia, che proseguì presso l'Archäologisch-epigrafische Seminar fondato a Vienna dall’epigrafista Otto Hirschfeld, insieme ad Alexander Conze ed Otto Benndorf. Qui tra gli altri conobbe Emanuel Löwi, grande esperto di scultura antica e dal 1890 professore di archeologia classica a Roma.

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Pollak si trasferì a Roma nel 1893 per perfezionare i propri studi di archeologia, che non erano ovviamente improntati come oggi agli aspetti tecnici e metodologici della pratica archeologica, ma alle conoscenze soprattutto estetiche dell’arte classica. In questo, Pollak si fece una fama come esperto d’arte e iniziò la pratica del collezionismo privato di oggetti d’arte e antichi. È rimasto famoso il riconoscimento da parte sua del braccio mancante del Laocoonte, adocchiato rapidamente nella bottega di un venditore romano e, con grande intuito, associato alla figura del sacerdote troiano. Nel 1905 donò il reperto ai musei del papa e per gratitudine, Pio X lo insignì del riconoscimento della “Croce alla Cultura”: fu il primo ebreo non convertito a riceverlo. Il braccio tuttavia, racconta Paolo Liverani, venne integrato col resto del gruppo scultoreo solo nel 1957.

Fonte: Artemagazine

Racconta Giuseppe Pucci in un articolo di qualche tempo fa sul Manifesto, che il suo intuito per il riconoscimento dei falsi e degli originali lo accreditò rapidamente come consulente esperto per i più facoltosi collezionisti dell’epoca: tra questi, il banchiere americano J.P. Morgan (chiamato nei diari di Pollak “Sua maestà il dollaro”) e il danese Carl Jacobsen, fondatore delle birrerie Carlsberg (per le quali gli siamo tutti grati) e della Ny Carlsberg Glyptotek a Copenaghen.

Fonte: Corriere della Sera

Coltivò amicizie interessanti anche fuori dall’ambito accademico, come quella con il fondatore della psicanalisi, Sigmund Freud, appassionato di archeologia e a sua volta collezionista.

Quando in Italia iniziò a spirare il gelido vento dell’antisemitismo, Pollak sperimentò sulla sua pelle i frutti dell’incipiente odio razziale, come il divieto che gli fu imposto in quanto ebreo di accedere alla frequentazione della Biblioteca Hertziana (fondata peraltro dalla mecenate ebrea Henriette Hertz). Questo genere di episodi, oltre a tutto quello che succedeva nel mondo, dovettero convincerlo che Roma e l’Italia non erano un luogo sicuro per lui, e iniziò a vendere le sue collezioni. 

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Il suo giorno del destino fu il 16 ottobre del 1943 (il "sabato nero" del rastrellamento). Poco prima dell’alba, il collezionista ricevette una soffiata (forse dall’ambasciatore tedesco presso la Santa Sede) sull’imminente retata che Gestapo e fascisti stavano per compiere a Roma. Una macchina era pronta per lui presso la sua abitazione a Palazzo Odescalchi in Piazza Santi Apostoli, per condurre lui e la sua famiglia in salvo in un luogo sicuro. Per motivi ignoti (secondo una testimonianza orale, lo studioso avrebbe ritenuto che data la sua età avanzata nulla avrebbe dovuto subire dalla prigionia), Pollak rifiutò l’assistenza (proveniente pare da un amico prelato e collezionista, Mons. Fioretti): lui e la sua famiglia (la seconda moglie e due figli) furono imprigionati, caricati su un treno alla stazione Tiburtina, e dopo 5 giorni di viaggio raggiunsero il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. È probabile che al loro arrivo siano stati immediatamente inviati alle camere a gas: nessuno di loro uscì vivo dal campo di sterminio. 

Dall'Archivio Pollak - foto Museo Barracco

Quel che si è salvato delle sue collezioni venne donato pochi anni dopo da sua cognata (unica erede superstite) ai Musei Capitolini, a Palazzo Braschi e al Museo Barracco. Il rabbino Di Segni lo ha definito “una delle purtroppo numerosissime tessere del mosaico glorioso e spaventoso della storia ebraica del Novecento”.

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