In evidenza
Sezioni
Annunci
Quotidiani NEM
Comuni

Fausta, la moglie triestina di Giorgio Manganelli che Quasimodo lodava

LA STORIAIl grande amore di Giorgio Manganelli, lo scrittore e saggista autore di 'Centuria', lo sperimentalista che fece parte del Gruppo 63, il corsivista ironico che sui quotidiani pubblicava i...

3 minuti di lettura

LA STORIA



Il grande amore di Giorgio Manganelli, lo scrittore e saggista autore di 'Centuria', lo sperimentalista che fece parte del Gruppo 63, il corsivista ironico che sui quotidiani pubblicava i suoi 'Improvvisi per macchina da scrivere' è stata una donna triestina, forse discendente del poeta sloveno Franz Preseren. Fausta Chiaruttini era nata nel rione di San Giacomo nel 1920 e la sua storia merita di essere raccontata. È la figlia della coppia, Lietta, che cura il Centro Manganelli e custodisce con amore la memoria paterna, a svelare una vicenda singolare.

Una storia che inizia sull'isola di Lussino dove, alla fine dell'Ottocento, nasce Anton Preschern. Per frequentare il ginnasio il giovane si trasferisce a Trieste, ma la famiglia è povera e Anton rischia di dover rinunciare alla scuola. Intanto lui studia per conto suo e se ne va in compagnia di un libro di latino su una panchina dalle parti del cimitero di Sant'Anna. È là che lo nota una donna che ogni giorno va a portare un fiore sulla tomba del figlio. Lei è una Sittinger e il padre, Luigi, è un ricco fabbricante di pellami che ha una grande casa a San Giacomo dove ha riunito tutti i parenti. È anche un benefattore, nello stesso rione ha fatto costruire dei piccoli alloggi per gli operai della sua fabbrica.



La condizione di Anton non lascia indifferenti i Sittinger, tanto che lo accolgono in casa e lo sostengono economicamente. Lui è bravo, studia, si laurea e sposa la più giovane delle Sittinger. Dall'unione nascono Fausta e Fiorella, che vengono battezzate a San Giusto. Con l'avvento del fascismo ad Anton, divenuto intanto insegnante, si presenta il problema del cognome. Quel Preschern non va bene e deve essere sostituito con un cognome che suoni italiano. Lietta Manganelli è sicura che, anche se la grafia è diversa, ci sia un'origine comune che lega i Preschern di Anton a Franz Prešeren, il poeta sloveno. Tanto che, racconta Lietta, dalla Jugoslavia si oppongono all’italianizzazione di un cognome così importante. Anton allora sceglie quello della madre, che era friulana, e sulla sua nuova carta di indentità c'è scritto Antonio Chiaruttini.

Fausta intanto è ormai adolescente quando con i genitori lascia Trieste alla volta di Parma, dove il padre è stato trasferito. Non rimetterà più piede nella città natale, forse a causa di difficili rapporti familiari; sappiamo infatti che in tarda età rifiuterà la sepoltura nella tomba di famiglia accanto alla madre e alla sorella.



A Parma la ragazza si laurea in Magistero e si avvia all’insegnamento, ed è in qualche balera della Bassa che, nei giorni successivi alla Liberazione, incontra Giorgio Manganelli. «Lei faceva il mercato nero e la sera andava a ballare. Mio padre non sapeva ballare, ma era affascinato da questa bellissima ragazza e rimaneva seduto a guardarla per delle ore», racconta la figlia Lietta. Manganelli era entrato nella Resistenza e l'immagine dello scrittore un po' pingue, dall'aria placida e sorniona, con uno sguardo scettico e disincantato di fronte alla vita, fa a pugni col Giorgio che nell'estate del 1945 vede Fausta. Un partigiano, capocellula del Pci, che gira con due pistole e un fucile a tracolla, una laurea in Scienze Politiche e una vaga idea di fare l'ambasciatore. Fausta era una donna molto bella e Giorgio se ne innamora completamente, le scrive decine di lettere, raccolte di recente in 'Circolazione a più cuori', cui Fausta risponde con freddezza e a volte in ritardo. La ragazza alla fine accetta la corte di Manganelli e si sposano a Milano, ma sono una coppia male assortita e i nodi verranno presto al pettine. Mia madre, racconta oggi Lietta, diceva che aveva cercato di innamorarsi di Giorgio, ma non c'è mai riuscita, era troppo brutto, però voleva fortemente un figlio. «E allora l'ha letteralmente ubriacato, perché mio padre non voleva figli, e sono venuta fuori io».



Fausta scrive poesie, le dedica a Trieste italiana, perché, nonostante l'abbandono definitivo, resterà sempre legata alla città natale. Una sera a casa Manganelli viene in visita Salvatore Quasimodo, ascolta una poesia di Fausta e dice a Giorgio: «Ma sai che tua moglie scrive meglio di te?». Manganelli, uno che non litigava mai, esplode di gelosia e fa una scenataccia a Quasimodo.

Intanto nella vita di Manganelli compare Alda Merini, ha diciassette anni, non è ancora gravata dal peso della malattia e Manganelli decide di lasciare la moglie e la figlia per trasferirsi a Roma. Fausta rimane a Milano, ma la sua vocazione materna non si fa strada. Affida la figlia ai nonni, che la cresceranno, e si dedica all'insegnamento, pubblica anche alcuni manuali per la preparazione all'esame di maturità e continua a scrivere racconti e poesie. Alcune appariranno in qualche antologia, ma non penserà mai alla pubblicazione. Scriveva più per sé stessa, dice Lietta, su foglietti che poi abbandonava in giro.

Fausta, dopo la fine della relazione con Manganelli, vivrà per trentacinque anni con un cardiochirurgo milanese e alla sua morte entrerà in depressione, lascerà la scuola e si ammalerà di Alzheimer. Invece per Manganelli Fausta continuerà a essere il grande amore di tutta la vita. Non la vedeva da quarant'anni, ma quando lei morì, nel marzo del 1990, è come se avesse deciso di andarsene anche lui, confida Lietta. Esattamente due mesi dopo si spense anche Giorgio. —



I commenti dei lettori