prima di giotto e simone martini, tra due e trecento, pietro cavallini è il pioniere di un’apertura convinta all’arte nuova dell’italia centrale che, nel passaggio di secolo, andava sempre più a caratterizzare le scelte figurative del meridione angioino.
l’artista romano giunge alla corte degli angiò nel 1308, durante il regno di carlo II e maria d’ungheria: i cicli a fresco della cappella di sant’aspreno in duomo e della cappella brancaccio in san domenico maggiore aiutano a comprendere come il suo stile si evolva in direzione di un senso dello spazio più moderno e veridico, in un confronto sempre più ravvicinato con giotto. la qualità altissima di questi affreschi, la nascita in città di un vero e proprio gusto ‘cavalliniano’, l’imponente cantiere della decorazione murale della chiesa di donnaregina, forse progettata dallo stesso cavallini ma realizzata negli anni a seguire da suoi collaboratori, e ancora l’attività fra roma e napoli del suo seguace lello da orvieto, danno testimonianza del ruolo centrale dell’artista per la civiltà figurativa meridionale e la diffusione della nuova arte trecentesca italiana in una più vasta dimensione mediterranea ed europea.